IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  694/1988
 proposto  da  Novello  Michele rappresentato e difeso dall'avv. Loris
 Tosi con elezione di domicilio presso il suo studio in  Venezia,  San
 Marco  3911,  come  da  mandato  a  margine  del  ricorso;  contro il
 Ministero   della   difesa,   in   persona    del    Ministro    pro-
 tempore,rappresentato e difeso
 dall'avvocatura  distrettuale  dello Stato di Venezia, domiciliataria
 per  legge,  per  l'annulamento  del  provvedimento  del   Comandante
 generale  della  guardia  di  finanza  16 dicembre 1987, n. 199709 di
 collocamento in congedo e  di  cessazione  autoritativa  della  ferma
 volontaria   del   ricorrente,   finanziere   di   mare,  per  motivi
 disciplinari,  nonche'  per  la  condanna  dell'amministrazione  alla
 reintegrazione  in  servizio  del  ricorrente  ed alla corresponsione
 degli emolumenti non percepiti, con interessi e rivalutazione.
    Visto il ricorso, notificato il 4 marzo 1988 e  depositato  presso
 la segreteria il 9 marzo 1988 con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata, depositata il 23 giugno 1988;
    Viste le memorie prodotte;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi alla  pubblica  udienza  del  3  giugno  1993  (relatore  il
 consigliere   Lorenzo   Stevanato)  l'avv.  Boccato  in  sostituzione
 dell'avv. Tosi per il ricorrente e l'avv. dello  Stato  Brunetti  per
 l'amministrazione statale resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  l'atto in epigrafe il ricorrente, gia' finanziere di mare, e'
 stato collocato in congedo per motivi disciplinari, essendogli  stato
 addebitato   quanto   segue:   rientrava   dalla  libera  uscita  con
 quarantacinque minuti di ritardo ed, in risposta  alla  richiesta  di
 giustificare   il   ritardo,   rispondeva   irriguardosamente  ad  un
 superiore, alla presenza di altri militari. La scelta della  sanzione
 (cessazione  dalla ferma volontaria per motivi disciplinari) e' stata
 motivata  in  relazione  ai  pessimi  precedenti   disciplinari   del
 ricorrente,  al fatto che non si e' inserito nell'ambiente militare e
 che non ha dato segni di ravvedimento nonostante le numerose sanzioni
 disciplinari inflittegli, talche' non da' piu' affidamento  per  pre-
 stare servizio in un corpo di polizia.
    A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:
      1)  violazione degli artt. 27, 34, 35, e 43 lett. b) della legge
 3  agosto  1961,  n.  833;  eccesso  di  potere  per  illogicita'   e
 incongruita'  manifesta  e  per  carenza di motivazione, in quanto la
 sanzione di stato e' sproporzionata alla gravita' del fatto (risposta
 irriguardosa  ad  un superiore), essendo piu' congrua una sanzione di
 corpo; i precedenti disciplinari, peraltro lievi, non  rilevano  piu'
 altrimenti sarebbero doppiamente sanzionati;
      2)  sviamento  di  potere,  in  quanto il mancato ravvedimento e
 l'inaffidabilita' per l'attivita' militare non  possono  giustificare
 il  provvedimento disciplinare, che deve basarsi esclusivamente sugli
 addebiti  contestati:  emerge  quindi  l'intento  di  allontanare  un
 soggetto sgradito;
      3)  eccesso  di  potere  per  illogicita'  e  contraddittorieta'
 manifesta, in quanto i fatti contestati  riguardano  il  periodo  del
 corso  nautico,  superato  il  quale il ricorrente fu assegnato ad un
 reparto operativo, talche'  si  rivela  incongruo  ed  illogico  aver
 atteso tre mesi per concludere il procedimento disciplinare.
    Con  memoria  4  maggio  1993,  il  ricorrente ha eccepito, in via
 subordinata,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  45,  primo
 comma,  della  legge  3  agosto  1961, n. 833 in relazione all'art. 3
 della Costituzione, non essendo previsto  l'obbligatorio  deferimento
 alla  commissione  di  disciplina,  secondo il criterio gia' indicato
 dalla Corte costituzionale nella sentenza 18 gennaio 1991, n. 17.
    L'amministrazione   intimata,   costituitasi   in   giudizio,   ha
 controdedotto puntualmente instando per la reiezione del ricorso.
                             D I R I T T O
    Con sentenza parziale pronunciata in data odierna (n. 732), questo
 collegio  ha esaminato e rigettato i tre motivi di ricorso dedotti in
 via principale contro l'atto impugnato.
     Cio' stante, il ricorso sarebbe da respingere se non vi fosse  la
 questione  di  costituzionalita',  sollevata  dal  ricorrente  in via
 subordinata con memoria 4 maggio 1993 e comunque  rilevata  d'ufficio
 dallo  stesso Collegio, in ordine alla mancata previsione legislativa
 (nel  primo   comma   dell'art.   45   della   legge   n.   833/1961)
 dell'obbligatorio  deferimento  alla commissione di disciplina, per i
 procedimenti disciplinari che, come  quello  all'esame,  danno  luogo
 alla sanzione della cessazione della forma volontaria.
    Un'analoga questione e' gia' stata affrontata e risolta (nel senso
 dell'illegittimita'  costituzionale)  dalla  Corte costituzionale con
 sentenza 11-18 gennaio 1991, n. 17. E' quindi sufficiente  riassumere
 brevemente  i  termini  del  problema,  per  il  resto  richiamando i
 principi epressi in tale pronuncia.
    Ebbene,  il  giudizio  di  una  commissione  di   disciplina   che
 garantisca   un  giusto  processo  e  l'assistenza  di  un  difensore
 costituisce un principio generale,  inquadrabile  nel  piu'  generale
 principio  d'imparzialita' e buon andamento della p.a., che non vi e'
 ragione di escludere dall'ordinamento militare.
    Nella questione  all'esame,  il  deferimento  dell'incolpato  alla
 commissione  di  disciplina,  quando  per essere inflitta la sanzione
 espulsiva della cessazione dalla  ferma  volontaria,  rientra  in  un
 potere  assolutamente discrezionale del comandante di fronte al quale
 l'inquisito non ha alcuna garanzia.
    La disposizione di cui si discute (primo comma dell'art. 45  della
 legge  n.  833/1961) prescrive invece l'obbligatorio deferimento alla
 commissione di disciplina per il militare  che  sia  passibile  della
 perdita del grado.
    Pero'  in  entrambi  i  casi  (cessazione dalla ferma volontaria e
 perdita del grado) la conseguenza e' la risoluzione del  rapporto  di
 servizio  ed  il collocamento in congedo. E tuttavia, soltanto chi ha
 commesso un'infrazione piu' grave, passibile della perdita del grado,
 godra' del garantistico procedimento  dinnanzi  alla  commissione  di
 disciplina,   mentre   chi  ha  commesso  un'infrazione  meno  grave,
 passibile tuttavia  anch'essa  della,  non  meno  drastica,  sanzione
 espulsiva  della  cessazione  dalla  ferma  volontaria, non godra' di
 siffatta garanzia.
    Non  e'  chi  non  veda,  quindi,   la   lesione   del   principio
 costituzionale di uguaglianza e l'irrazionalita' di siffatta norma.
    Sotto  gli  anzidetti profili, e' quindi ravvisabile la violazione
 dei  principi  di  eguaglianza  e  di  ragionevolezza,   nonche'   di
 imparzialita'  e  di  buon  andamento  dell'amministrazione (principi
 recati dagli art. 3 e 97 della Costituzione)  nella  norma  contenuta
 nel  primo comma dell'art. 45 della legge n. 833/1961, nella parte in
 cui non prescrive  l'obbligatorio  deferimento  alla  commissione  di
 disciplina  del  militare  cui  sia  da  infliggere la sanzione della
 cessazione  della  ferma  volontaria  o  dalla  rafferma  per  motivi
 disciplinari.
    Nella  fattispecie  concreta, la questione e' rilevante perche' il
 ricorrente e' stato collocato in congedo a  seguito  di  procedimento
 disciplinare  nel  quale  la  commissione  di disciplina non e' stata
 chiamata a pronunciarsi: cio' risulta dall'atto sanzionatorio  e  non
 e' controverso.